Estate caldissima di Gabriella Dal Lago
66thand2nd, giugno 2023 (cartaceo 15 €, 176 pagine; ebook 9,99 €)
(È una cosa che ama fare. Mettere in imbarazzo le altre persone attraverso il suo corpo. Greta non lo sa, come potrebbe saperlo? Così occupata a guardare i corpi delle altre solo per mettere a fuoco il proprio.)
La narrazione del lavoro in Italia sembra scomparsa dai romanzi insieme alla presunta smaterializzazione dello stesso in seguito all’avvento del digitale. Se il racconto del secondo settore è diventato così raro da spingere una casa editrice come Alegre a dedicarle una collana apposita – Working class diretta da Alberto Prunetti – per dare voce a chi in fabbrica fatica oggi, la forza lavoro del terziario avanzato per paradosso raramente si esprime circa quello che fa. La trita e ritrita frase “non riesco a spiegare ai miei il mestiere che faccio” è diventata sinonimo di un’incomunicabilità del proprio mestiere con un retrogusto amaro, perché molto spesso tale lavoro coincide esattamente con il mestiere del comunicare.
“[Aveva immaginato il figlio] medico o avvocato per tutte le scuole superiori. E invece era un quarantenne con i capelli lunghi e un lavoro troppo difficile (e vagamente imbarazzante) da spiegare ai suoi amici imprenditori in pensione” scrive Gabriella Del Lago presentando appunto Gian, il fondatore dell’agenzia di comunicazione Bomba Agency, i cui componenti sono al centro delle vicende raccontate in “Estate caldissima”. Se persino i nuovi capi del XXI secolo sono delegittimati ab initio quali possono essere i destini dei loro sottoposti? Il capitale iniziale c’è sempre (i soldi per aprire l’agenzia, per pagare gli stipendi; la casa di campagna di proprietà dove i lavoratori, pardon, collaboratori si riuniscono per preparare una gara per un cliente) quel che manca è il senso del lavoro che mette in moto.
Non vorrei a questo punto spaventare un lettore indeciso se leggere o meno “Estate caldissima”. Non è un saggio sul lavoro contemporaneo, è soprattutto la storia di otto persone e un animale e delle loro interazioni. A differenza di un film italiano medio ambientato in una campagna indefinita fuori Milano (città che, anche se assente, ricorre in molti dei tic dei personaggi) i protagonisti però lavorano – sono account, art director, grafici, copywriter, ufficio stampa – dimostrando sulla pagina come un certo modo di lavorare oggi sia quasi indistinguibile dalla vita non lavorata. I personaggi vale a dire fanno quasi lo stesso mestiere di quelli della serie “Mad Men” (ambientata negli anni Sessanta) solo che adesso sono molto meno pagati, non hanno più bisogno di un ufficio e non hanno più una casa dove tornare.
“Estate caldissima” ha il merito di concentrarsi su un preciso segmento di trentenni che un lavoro ce l’hanno (anche se quasi del tutto avulso dalla realtà degli oggetti fisici, si intuisce da frasi lavorative come “per me la palette colori non funziona”) ma che non riescono magari a sfuggire alle dipendenze (sostanze, alcol, sesso, ecc.) o alle catene digitali delle interazioni sociali malate che la messaggistica istantanea e i social network serrano intorno a loro fino a soffocarli, in particolare le donne.* E sarebbe già da leggere solo per questo: mi ci trovo? conosco qualcuno così o no? Non è invece una storia di quarantenni – rappresentati da Gian, l’unico della compagnia a essere genitore, l’unico che occupandosi come può del figlio piccolo in qualche modo “vede” un futuro – né di ventenni, né di bimbi.
Mi è piaciuta molto la narratrice onnisciente imperfetta utilizzata da Dal Lago per raccontare questa storia: sa tutto, spazia dal passato al futuro, ma non sempre ti dice tutto ciò che sa. Mi piacerebbe incontrarla nei suoi prossimi romanzi. Mi sono piaciute in “Estate caldissima” anche le lievi pennellate fantastiche, o fantascientifiche, accennate dall’autrice nella descrizione di quarte dimensioni travestite da spazi interstiziali e di piogge torrenziali che dilavano (o trasformano) ogni cosa. Come ho scritto via Twitter ai diretti interessati, ho infine trovato delle affinità tra lei e Vincenzo Latronico, altro scrittore che apprezzo che non teme di confrontarsi col mondo attuale fatto di smartphone e vite incasinate.
* Un personaggio in particolare è davvero inquietante, un potenziale serial killer di donne, di quelli raccontato dalle cronache. E sì che Dal Lago si limita a presentarlo come un manipolatore!